ADOZIONE E LEGAME ADOTTIVO

ADOZIONE E LEGAME ADOTTIVO 

Adozione, letteralmente, significa "scelta per uno scopo". Il legame adottivo fa riferimento all’azione dell’unire, introducendo una parte viva in un’altra in modo che si ricongiungano armonicamente. Legalmente parlando, è una forma di genitorialità radicale molto significativa, una modalità di fare famiglia antichissima che mette in luce e rende saliente i temi fondamentali della genitorialità.

Già nell’antica Roma e in Grecia l’adozione era molto praticata, perché assicurava il diritto di eredità ai figli nati al di fuori del matrimonio e risolveva i problemi di successione nelle famiglie senza discendenza, ma con il tempo alla funzione patrimoniale e legittimante dell’adozione si è affiancato l’aspetto di riparazione affettiva. Attualmente, infatti, il contesto pone molta enfasi sugli aspetti emotivi delle relazioni intime ed il compito genitoriale viene spesso semplicisticamente comparato al dare affetto, cura e protezione al figlio; la costruzione del legame genitoriale, in realtà, è però più complessa e, specialmente nel caso dell’adozione, richiede un processo di legittimazione reciproca. In questi casi, infatti, la genitorialità non è acquisita per nascita, ma viene sancita dal Tribunale e quindi è fondamentale il processo interiore di assunzione del ruolo genitoriale. Tale processo prende il nome di ‘entitlement’, ovvero la legittimazione reciproca di genitori verso quel figlio che implica il riconoscimento della sua storia e delle diverse origini, ma anche nella legittimazione da parte del minore di quegli adulti, che diventano i suoi genitori.

Compito primario dell’adozione è quello di stabilire una relazione genitoriale in assenza di un legame di consanguineità, ovvero realizzare una generatività in assenza di fecondità, la cui sfida è rappresentata proprio dalla capacità di accettare ed elaborare tale dolore, tenendo insieme aspetti di somiglianza e differenza. Oggigiorno, sempre più spesso, la scelta adottiva viene mostrata essere una risposta allo stato di abbandono dei minori, ma non bisogna dimenticare che, in realtà, origina da una doppia mancanza, perché all’assenza di una famiglia del bambino si accompagna l’infertilità della coppia, da qui il desiderio di avviare un percorso adottivo (chiaramente questo discorso vale solo per le coppie che non possono avere figli naturali). Si parla quindi di patto adottivo, ovvero la costruzione di un  incastro singolare e irripetibile di bisogni, aspettative e storia portate dalla coppia; per essere positivo, questo legame deve assumere le reciproche mancanze e il dolore conseguente, trasformandoli in un progetto e un impegno reciproco e generativo che coinvolge genitori e figli. Nell’adozione, infatti, il figlio è altro, differente da sé: occorre far diventare familiare il differente, in modo reciproco, proprio perché la famiglia è quel luogo primario in cui tenere insieme le differenze tra generi, generazioni e stirpi.
Parola chiave dunque è il riconoscimento reciproco, genitori e figli, nella costruzione di una comune appartenenza familiare a partire dalla valorizzazione delle differenze: solo così può prendere avvio la riconoscenza, ovvero il reciproco scambio di doni dell’essere genitori e dell’essere figli. Si parla di ‘lifelong process’, ovvero un processo continuativo nel tempo, in cui vengono messe in discussione le modalità relazionali acquisite, per rilanciare il legame, con aggiustamenti e modifiche che integrano i bisogni di assimilazione e distinzione, a seconda del ciclo di vita.

Il compito dei genitori, in tale processo, è arduo e richiede molte risorse: in un continuum, i cui estremi sono il rifiuto o l’insistenza sulla differenza, viene richiesta la capacità di destreggiarsi tra tale negazione o, viceversa, la riconduzione alle famiglie d’origine delle difficoltà e problemi. Serve scoprire, e creare, un’area positiva di riconoscimento di tali diversità, che devono essere accettate, assunte e ricomprese nella storia familiare, una sorta di equilibrio dinamico tra i due poli, che vedono da un lato l’assimilazione (focus sulla somiglianza) e dall’altra l’accentuazione delle differenze, che impediscono l’accettazione del figlio in quanto tale. Il rapporto con le famiglie è dunque una delle variabili maggiormente significative nell’efficacia del patto adottivo, che può essere di tipologie differenti:

1- Patto di riconoscimento e valorizzazione delle differenze: emerge in quelle famiglie che hanno trovato nell’adozione una fonte di ricchezza, ovvero apertura circa l’adozione e le sue origini, grazie ad una presa di coscienza comune della realtà adottiva; c’è libertà nel ripercorrere il cammino intrapreso e viene dato un senso alla storia passata;

2- Assimilazione reciproca: l’evento adottivo, con le sue origini, è tenuto presente, ma neutralizzato, nel tentativo di assomigliare il più possibile alle altre famiglie. L’adozione, dunque, è un fatto fisiologico, equiparata alla nascita: la differenza non è integrata e il figlio è assimilato a quello biologico;

3- Patto imperfetto: ad essere mancante è reciprocità, perché ad una genitorialità adottiva attivamente proposta si contrappone una filiazione adottiva in costruzione, ovvero una posizione defilata e distante del figlio dal resto della famiglia;

4- Patto di negazione: estromissione della storia adottiva sia da parte del genitore che del figlio, perché troppo dolorosa e quindi viene rimossa; la coppia è dominata dal dolore e dal rancore nei confronti delle proprie famiglie di origine e l’adozione diventa un’occasione per rimarcare il distacco con la generazione precedente;

5- Patto impossibile: genitori e figli si trovano su due posizioni così distanti da non poter stipulare un patto perché è troppo grande lo scarto tra le aspettative e la realtà, sono come sospesi nel vuoto. Il figlio è vissuto come un estraneo e gli aspetti negativi del suo comportamento sono attribuiti alle origini, allo stesso tempo il minore conferma la sua estraneità scegliendo di non creare alcun legame.


Implicito tra le righe, ma che forse è doveroso esplicitare, è il ruolo cruciale svolto dai nonni, nel mantenere e sostenere la fiducia dei figli di fronte alla scelta adottiva, fornendo supporto: serve una totale accettazione del figlio adottato come continuatore della storia familiare, anche se è affidata ad un membro estraneo.

(Alla ricerca del familiare, Scabini&Cigoli, 2012)

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